Eccoci qui a parlare di una sfida che sto seguendo, lanciata nel lontano 2006 da Will Bowen, fondatore del movimento Complaint Free, con più di 14 milioni di follower in tutto il mondo, autore del bestseller: “Io non mi lamento”, che puoi trovare qui.
La sfida è semplice e allo stesso tempo difficilissima: per superarla occorre trascorrere 21 giorni consecutivi senza lamentarsi.
21 giorni
21 giorni si dice che sia il tempo stimato per innescare dentro di noi una nuova abitudine. Si indossa un bracciale al polso (nel libro viene regalato quello viola ufficiale) e ogni volta che ci si lamenta il conteggio riparte da zero e il bracciale si sposta nell’altro polso. Sembra semplice?
Forse perché siamo inconsapevoli di quanto ci lamentiamo. Lamentarsi ad alta voce del tempo, dei vicini, del marito, dei figli, del lavoro è diventato talmente meccanico che non ne siamo più consapevoli. Non ci accorgiamo quando lo facciamo. In media si stima che una persona si lamenti dalle 15 alle 30 volte al giorno, ma prima occorre rendersene conto.
Ci vogliono settimane intere prima di passare un’intera giornata senza lamentarsi e la sfida viene terminata mediamente in otto mesi.
Immagina quanto è radicato dentro di noi questo automatismo. Questo accade perché siamo abituati a dare la colpa del nostro malessere a tutto ciò che ci circonda e quindi ci lamentiamo per tutto.
Addirittura la lamentela viene usata per fare conoscenza con le persone. Non ci credi?
Hai presente tutte le volte che si condivide uno spazio con degli sconosciuti (in coda alla posta, dal medico, in ascensore etc) e si rompe il ghiaccio dicendo “In questo posto sono lenti, sono sempre in ritardo!” “Hai visto che freddo fa fuori, non se ne può più!”?
Le altre persone ti danno ragione e arricchiscono la lamentela del loro punto di vista, iniziando così un dialogo di condivisione di disgrazie e lamentele, in una gara a chi soffre di più.
5 motivi della lamentela
Solitamente ci sono 5 motivi per cui ci si lamenta:
- Attirare l’attenzione “Sto male, aiuto, nessuno si prende cura di me”
Mi sento sola e mi lamento per essere considerata.
- Scarico di responsabilità “È colpa sua se siamo in questa situazione!”
Non agisco per cause esterne, quindi non è colpa mia ma del mondo che è cattivo.
- Suscitare invidia “Il mio capo è un incompetente, se non ci fossi io sarebbe un disastro”
Parlo male degli altri perché mi sento migliore.
- Acquisire potere “Tizio è una persona orribile, se fossi in te non lo sceglierei come compagno di viaggio, se vuoi puoi venire con me”
Parlo male degli altri per creare una separazione e raccogliere consensi e “seguaci”.
- Giustificare uno scarso rendimento “Non sono riuscita a portare a termine il mio compito perché il caldo nella stanza era insopportabile e mi ha fatto stare male!”
Mi lamento per giustificare la non riuscita in un compito che mi è stato affidato. Questo elenco fa comprendere quanto è comune il lamentarsi, quanto sia insito dentro di noi.
Questo elenco fa comprendere quanto è comune il lamentarsi, quanto sia insito dentro di noi.
La legge di risonanza
A livello energetico la lamentela ha una sua vibrazione ben precisa e invia all’universo un comando ben preciso, ovvero: “Mandami ancora più cose di cui lamentarmi!”. E l’universo lo farà… Oh sì, se lo farà!
Ciò che noi emaniamo attiriamo. Motivo per cui spesso attiriamo a noi anche altre persone che si lamentano e magari ci danno anche fastidio! Già, perché è più facile individuare la lamentela negli altri piuttosto che in noi, in quanto processo automatico.
Annotazioni
Due annotazioni se vuoi provare anche tu a svolgere questa sfida:
- Si ricomincia da capo quando si verbalizza una lamentela, non se la si pensa. Il lavoro che si fa è sulla comunicazione diretta, sul parlato. Se si dovesse coinvolgere anche il processo di pensiero sarebbe una sfida ancora più difficile considerando che formuliamo circa 6.200 pensieri al giorno.
- Non lamentarsi non vuol dire non comunicare che una cosa non ci sta bene e accettare tutto.
Dire “Oggi i miei vicini sono molto rumorosi” è un’esposizione neutra dei fatti, una semplice constatazione. Dire “Uffa, non è possibile! Fanno sempre casino, non mi lasciano in pace, non li sopporto più!”, ecco… questa è una lamentela.
Dire al cameriere “La minestra è fredda, può fare qualcosa?” è una constatazione accompagnata da una richiesta di miglioramento della situazione. Dire “Ma non si rende conto che la minestra è fredda? È immangiabile!”, questa è una lamentela.
Come sta andando la mia sfida?
Ho ripetuto il primo giorno parecchie volte e solo da qualche tempo riesco ad arrivare al terzo e poi ricomincio da capo.
È un’esperienza che mi sta rendendo molto consapevole: ho compreso, ad esempio, che la maggior parte delle volte mi lamento con mia figlia di sei anni delle sue marachelle (quindi immagina come lei nel tempo ha fatto suo questo comportamento riproponendolo a sua volta) e ho notato che ci sono delle persone nella mia vita che mi provocano più delle altre, nel senso che si divertono proprio a farmi perdere la pazienza.
Sto portando luce su relazioni e reazioni e, anche se sono solo al secondo giorno, percepisco un grande cambiamento interiore, perché ogni volta che mi sto per lamentare sono più presente e mi dico “Ecco! Fermati Francy! Cosa posso dire che sia più utile di una lamentela sterile?” “Come posso affrontare questa situazione che mi crea disagio in maniera efficace, senza lamentarmi?”
In questo modo si attivano i processi di problem solving, di comunicazione assertiva, di intelligenza emotiva che altrimenti sarebbero offuscati dalla lamentela.
Il Webinar
In questo video vi lascio il webinar di Will Bowen nel quale presenta il suo libro “Io non mi lamento”. Nel libro troverete molte informazioni utili, scoprirete come la lamentela abbia un impatto negativo sulla salute e sulle relazioni, il significato del sarcasmo, il valore del silenzio e molto altro ancora.