“Non so più chi sono”
Quante volte abbiamo detto questa frase, ad alta voce, sussurrata o anche solo pensata, durante la nostra vita? Perché è così difficile capire chi siamo davvero? Perché questa domanda è ancora più presente nelle donne e inizia a martellare nella nostra testa verso i 35-40 anni, in modo particolare?
Scopriamo insieme cosa si nasconde dietro questa difficoltà che può arrivare a condizionare l’intera nostra esistenza.
Tutto comincia quando siamo piccoli
“Cosa vuoi fare da grande?”
Appena l’età ce lo permette in termini di comunicazione, questa è la domanda più comune che ci viene rivolta dagli adulti che ci circondano. Cosa vuoi fare da grande?
Questa domanda è solo in apparenza innocua. Formulata a volte solo per fare due chiacchiere, in realtà nasconde molte insidie.
Questa domanda infatti contiene molti assunti subliminali:
- “devo pormi un obiettivo di vita e farlo anche in fretta”,
- “posso scegliere solo un’attività”,
- “la professione che sceglierò determinerà chi sono nella mia vita”.
Da adulti la carriera diventa focus dell’identità
La società in cui viviamo, sappiamo essere fondata sull’educazione all’Avere piuttosto che sull’educazione all’Essere. Per questo motivo troviamo forti i valori di competizione, affermazione, riconoscimento sociale. Occorre trovare un solo lavoro in cui investire e specializzarsi, limitando le passioni (leggi “distrazioni”) che ci impediscono di raggiungere l’obiettivo di performance richiesto. Usare il proprio tempo per gli hobbies vuol dire toglierlo ad attività “utili” alla società e la professione ci identifica come persone, noi diventiamo il ruolo che abbiamo nel lavoro a discapito del resto.
Il “progetto di vita” che la nostra Anima ha abbozzato per noi, che prevede la nostra piena realizzazione come individui, viene cancellato a favore del “progetto di lavoro” perché, secondo questo paradigma, è attraverso il nostro lavoro che noi produciamo e siamo utili alla collettività ed è questo paradigma che ad un certo punto della nostra vita, ci mette così in crisi fino al “Non so più chi sono”.
Il ruolo della donna nel patriarcato
Seppur superato già da un po’ l’anno 2000 d.C. e Anima ci abbia fatto nascere in occidente, ci troviamo ancora in una mentalità culturale che considera la figura dell’uomo e della donna con pesi e misure diverse.
Alla donna viene chiesto “Cosa vuoi fare da grande?” in modo diretto, mentre attraverso il non detto le viene chiesto di rispondere alle aspettative sociali che la vedono come maggiore delegata nelle attività del prendersi cura. Arriverà un momento della sua vita in cui alcune donne sentiranno il peso di questo conflitto interiore: vorrebbero essere libere di non farsi carico di queste aspettative ma, allo stesso tempo, si sentiranno in colpa per il loro desiderio, provando vergogna per ciò che sentono. Vergogna che genererà disagi, frustrazioni, stress, depressione, ansia e tutti gli altri modi in cui Anima manifesta attraverso il nostro corpo il suo dissenso per le nostre decisioni.
Nel mezzo del cammin di nostra vita – Non so più chi sono
Perché 35-40 anni è l’età in cui ci troviamo a camminare nella selva oscura?
Perché la prima parte della nostra vita l’abbiamo vissuta un po’ subendo l’ambiente circostante, dalla famiglia alla scuola. Terminati gli studi arriva l’ora di mettere in pratica ciò per cui ci siamo allenate e preparate tanto duramente in tutti quegli anni: inizia la ricerca del lavoro e della casa, troviamo un compagno che pensiamo sia per la vita e mettiamo su famiglia. Insomma, rispettiamo il canovaccio della società patriarcale in cui viviamo.
Dopo qualche anno di “messa alla prova” ecco che iniziano a venire fuori gli ostacoli e i dubbi.
- Ma questo lavoro per cui ho studiato dieci anni, mi piace davvero?
- Ma voglio una casa mia o preferisco viaggiare per il mondo?
- Mi sono sposata, ma ho capito di non volere figli, come faccio?
La prima revisione della vita
Insomma a 35-40 anni iniziamo a fare il punto della situazione, revisioniamo la prima parte della nostra vita.
Se abbiamo vissuto in coerenza con Anima, saremo soddisfatte di ciò che abbiamo creato e saremo felici.
Se abbiamo vissuto in risposta alle aspettative altrui, allora inizieremo a percepire disagio che nel tempo diventerà sofferenza, inadeguatezza, frustrazione. Probabilmente ci sentiremo anche in colpa, proveremo vergogna e un senso di ingratitudine nei confronti di ciò che la vita ci ha dato.
“Ma come? Ho tutte queste cose, DOVREI essere felice ma invece? Sono un’ingrata!”
Non è così! Non sei ingrata, semplicemente non siamo fatte con lo stampo e non desideriamo tutte le stesse cose. Per poi passare alla frase seguente che solitamente tuona così, come una sentenza che ci diamo da sole: “Ormai è troppo tardi per cambiare”. Sei sicura? Chi lo dice?
Dal progetto di lavoro al progetto di vita
Siamo Anime nate per fare esperienza e per portare il proprio cambiamento nel mondo. Non siamo nati per soddisfare le aspettative altrui ma per realizzarci e splendere.
Occorre spezzare la catena dell’educazione dell’Avere per tornare ad abbracciare l’educazione all’Essere. Occorre tornare a parlare di Progetto di Vita e non di Carriera.
Non so chi sono – Come fare?
Attraverso il silenzio e facendo spazio intorno a noi per poterci ascoltare meglio. Non è possibile riorganizzare la propria vita rimanendo nel rumore che ci circonda abitualmente.
Tra i metodi che utilizzo io, trovi:
- Akasha che permette di comunicare direttamente con la tua Anima,
- il Coaching dell’Anima, con cui lavoriamo sugli obiettivi che conosci e che vuoi raggiungere,
- gli Archetipi delle Dee con cui riorganizzare la nostra vita a 360 gradi, partendo da come funzioniamo noi nella nostra energia interiore.
Scrivimi per avere più informazioni, ti aspetto!